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MAX DIEL
Max Diel é nato a Breisgau, in Germania, nel 1971. Vive e lavora a Berlino. "Del non sapere e del non voler andare oltre" di Andrea B. Del Guercio Max Diel affronta le costanti ed estese dimensioni della figurazione, collegandosi specificatamente a quella storia del 'raccontare per immagini' che attraversa la stagione moderna e contemporanea, senza che si possa escludere un rapporto di continuità con una più ampia dimensione del patrimonio storico europeo. Seguendo un processo di work in regress penso sia utile ripartire dall'esteso patrimonio 'antico', anche se potrebbe sembrare ad alcuni, troppo lontano, non solo sul piano cronologico, ma anche dalle grammatiche linguistico-visive che ne hanno contrassegnato lo sviluppo nei secoli e tra le diverse aree geografico-culturali. Attraverso una costante attitudine critica tesa a personalizzare le indicazioni risultanti dalla percezione dell'arte, osservo che le opere di Max Diel, insinuando lo sguardo tra le tele dipinte e le sue insistite carte, siano testimoni originali di quel tempo sospeso che unisce il presente al passato; seguendo un processo interpretativo che si è nel tempo liberato da parametri storici e presunte scientificità, scopro che ogni opera trascrive frammenti di realtà e immagini del tempo, secondo un'attitudine espressiva rintracciabile nell'immenso serbatoio della storia dell'arte. Possiamo affermare che Max Diel intrecci, forse inconsapevolmente, il suo lavoro con ambiti espressivi 'nascosti' e con una serie di 'frammenti' minori presenti nella cultura pittorica di ogni epoca. Si tratta di un patrimonio di opere cosi dette 'minori', frutto di una osservazione 'disincantata', raramente nate all'esterno di committenze ma risultati di curiosità personali; nella maggioranza dei casi hanno il valore di un 'appunto', soggetto anche casuale d'ispirazione, ma legato alla sensibilità del momento per poi diventare anche opera d'arte nel valore compiuto del termine. Cosí, come avviene nel lavoro di trascrizione di Max Diel, il territorio di riferimento parla di quotidianità, si sofferma brevemente sulla casualità di un'azione e di un gesto, di uno sguardo che si perde nella quotidianità: sono sempre immagini che abbiamo incontrato lungo la stagione dei cicli di affreschi e, in specifico, nelle più libere sinopie in cui ampia era la libertà di espressione, e ancora nei cartoni da spolvero, nei disegni preparatori, nei piccoli blocchi da disegno della stagione moderna. In questi anni e con importanti risultati anche in questa fase artistica, tutto il lavoro di Max Diel, strettamente legato alla delicatezza del suo stesso essere, sembra voler rispondere ad un procedere che possiamo definire "dello sguardo distratto". Un'attenzione tesa a cogliere, senza porre domande, le ragioni di un gesto, senza voler sapere il significato di uno sguardo, evitando di approfondire ma solo registrare un atteggiamento che soluzioni cromatico-formali trascrivono con misurata partecipazione, trattenendo l'emozione. Ogni soggetto è sottoposto ad un'inquadratura che sembra appartenergli, senza mai ripeterla per altri. Si tratta per Max Diell di una curiosità senza scopo, di un interesse senza ragione apparente, attenta cioè a cogliere i toni cromatici di un'azione svolta nella normale quotidianità, scelta tra quelle migliaia che ogni essere animato compie, ma anche di quel gran numero di oggetti che vivono nell'immobilità dello spazio. Il pittore e l'acquarellista, affidano alle liquidità del colore la possibilità di trovare un equilibrio tra l'avvenire di un fatto e il suo possibile sviluppo, senza cercarne la successione, accontentandosi di ciò che il fotogramma seleziona dalla realtà. Forse non è un caso che tutto questo percorso di osservazione e di trascrizione del quotidiano non avvenga in un classico studio d'artista, isolato dalla società, separato dallo scorrere dei fatti della quotidianità; Max Diel, opta per luoghi e spazi operativi in cui sono presenti tutti i segnali di una collettività, in cui capta quei rumori e quelle voci che danno voce alle sue immagini e che a nostra volta possiamo immaginare. |